di Vannisa Biggio

 

Ho sempre gironzolato intorno alle donne di casa, ne osservavo i gesti lenti, dalle loro mani nascevano gli impasti, quelli veri. Stavano intorno al vecchio tavolo della cucina che affacciava sul carugéttu, ognuna aveva le sue mansioni.

 

Dopo aver riassemblato l’impasto, che per facilitare il lavoro veniva suddiviso in più parti, procedevano nella preparazione della pasta fresca per i giorni di festa. Così su quel legno ormai consunto c’era chi allungava filoncini, chi li tagliava a tocchetti, chi li modellava e infine chi li sistemava. Le rivedo con i grembiuli sporchi di farina, i loro sguardi carezzevoli, consapevoli che di lì a poco avrebbero nutrito non solo il corpo ma anche l’anima dei commensali. A lavoro finito coprivano la pasta con candidi teli di lino, l’unico contrasto colorato era il monogramma ricamato in un angolino. Iniziali dell’una o dell’altra famiglia, pezzi di corredo che ancora oggi amo utilizzare nella mia cucina moderna di un appartamento in città.

Non so dire quando sia iniziata questa mia passione ma ho chiaro il momento in cui ho iniziato a coltivare il mio hobby. Alla fine degli anni ’70, finite le scuole superiori, ho cominciato a collezionare libri e riviste di cucina, in quel periodo, sulle pagine patinate era tutto un tripudio di tortellini alla panna e pennette alla vodka. Mia madre mi lasciava ampio spazio, i nostri ruoli in cucina rimanevano ben distinti, come i nostri piatti: lei con le sue ricette di famiglia e La Cucina Italiana, io alle prese con la Nouvelle Cuisine e Paul Boucuse. Ero sempre alla ricerca di nuovi piatti, non mi occupavo della nostra tradizione, quello era il campo di mia madre e io avevo l’illusione che lei ci sarebbe sempre stata! Ho iniziato ad annotare le ricette di casa mia su foglietti volanti, che spargevo per casa, in mezzo ai libri: annotazioni, postille, asterischi, temevo di dimenticarle. Così ho cominciato a scrivere per mettere in salvo le nostre radici e lasciare alle mie figlie la mia eredità: un baule pieno di ricordi.

Vannisa Biggio

I formati di pasta variavano in base alla stagione, all’estro delle massaie o ai gusti dei commensali. Ogni famiglia aveva poi la sua ricetta e le sue modalità di esecuzione. A casa nostra molto graditi erano i curzétti.

I curzétti con il tuccu

Ingredienti:

500 g di farina
3 uova
acqua qb
sale

Procedimento:

disponete la farina a fontana, mettete al centro le uova, il sale.
Sbattete le uova con una forchetta e con movimenti circolari raccogliete la farina tutta intorno.
Successivamente cominciate ad impastare, aggiungendo se necessario un po’ d’acqua tiepida.
Otterrete un panetto che avvolgerete nella pellicola trasparente e lascerete riposare per mezz’ora.
Trascorso questo tempo, formate dei filoncini, tagliateli a tocchetti della grandezza di un cece.
Pressate il pezzetto di pasta con indice e medio e stirate con il pollice verso l’alto.

Da qui deriva il detto “Stiàu cumme in curzéttu” si usa per indicare chi rimane basito.

Lessate i curzétti in acqua bollente salata e conditeli con il tuccu

 

Il tuccu

Pasta fresca e tuccu sono un binomio perfetto. Si tratta di un sugo di facile esecuzione, richiede solo un po’ di tempo ma vi consentirà di preparare contemporaneamente il sugo per la pasta, il secondo e il contorno.
Le donne tabarchine erano molto pratiche.

Ingredienti

1 kg di cappello da prete o muscolo di manzo
½ cipolla
1 spicchio d’aglio
½ bicchiere di vino bianco
1 l di passata di pomodoro oppure pelati
4 cucchiai di olio extravergine d’oliva
sale e pepe
maggiorana in inverno e basilico in estate

2 o 3 carote
2 patate medie

Procedimento

in una casseruola mettete l’olio e la carne rosolatela bene su tutti i lati, inserendo la cipolla intera a metà di questo passaggio.
Sfumate con il vino e unite lo spicchio d’aglio intero.
Quando la parte alcolica sarà evaporata, aggiungete due bicchieri d’acqua calda e proseguite la cottura fino a quando si sarà formato un sughetto ristretto.
A questo punto unite la passata di pomodoro diluita con un po’ d’acqua, circa ½ bicchiere.
Quando il sugo inizia a sobbollire, unite le patate, sbucciate e lavate e le carote pelate.
Proseguite la cottura per 20 minuti o fino a quando le verdure saranno cotte e il sugo ben ristretto.
A fine cottura profumate con basilico o maggiorana.
Lasciate raffreddare la carne prima di affettarla.
Disponetela su un piatto da portata, con le patate e le carote, condite con un po’ di sugo di cottura e profumate con foglioline di maggiorana.

 

Il tuccu è il condimento per eccellenza, l’emblema della domenica tabarchina.

Curzétti

Casulli al sugo con polpo

In passato i casulli si preparavano d’estate con la semola macinata fresca ricavata dalla molitura del grano appena raccolto, tipici anche i casulli de nàigru integrali.
Il condimento anch’esso estivo a base di pomodori freschi cue pélle (non pelati), cipolla fresca e tanto basilico, tutti prodotti dell’orto tipici della bella stagione.

Io ve li propongo con un sugo al polpo dall’intenso profumo di mare.

Ingredienti per i casulli

500 g di semola
300 g d’acqua
sale.

Procedimento

A differenza dei curzétti e dei macaruin, nei casulli non si aggiungono le uova, si tratta di un impasto semplice a base di semola e acqua.
Dopo aver impastato gli ingredienti tra loro occorre avvolgere l’impasto nella pellicola trasparente e lasciarlo riposare per mezz’ora.
Trascorso questo tempo si formeranno dei filoncini, dello spessore di un dito, dai quali si ricaveranno dei tocchetti delle stesse dimensioni, che verranno fatti strisciare, utilizzando indice e medio, sul sernéggiu (il crivello), un cestino dal fondo piatto e scanalato fatto di giunchi, oppure sulle apposite tavolette riga gnocchi.

 

Ingredienti per il sugo con il polpo

1 polpo da 800 g/ 1kg
2 spicchi d’aglio
1 pomodoro secco
½ bicchiere di vino rosso
800 g di pelati
sale, pepe e peperoncino
3 cucchiai di olio extravergine d’oliva

Preparazione

Tagliate il polpo a tocchetti, dopo averlo ben lavato ed eviscerato.
In un tegame mettete l’olio, lo spicchio d’aglio leggermente schiacciato e un pezzetto di peperoncino, se vi piace, fate imbiondire.
Aggiungete il polpo e fate rosolare fino a quando tutti i liquidi rilasciati durante la cottura saranno evaporati e avrà assunto un bel colore rossastro (cù du purpu)
Sfumate con il vino (io utilizzo il rosso perché rende il colore del sugo più bruno ma se preferite potete usare il vino bianco) e aggiungete il secondo spicchio d’aglio.
Quando l’alcol sarà evaporato, unite i pomodori secchi, lavati e tritati e un bicchiere d’acqua calda.
Coprite e continuate la cottura, a fuoco lento, per 15/ 20 minuti.
Aggiungete i pelati, aggiustate di sale e pepe e proseguite la cottura fino ad ottenere un sugo ben ristretto.
Prima di spegnere il fuoco, verificate la consistenza del mollusco, se punzecchiandolo con una forchetta i rebbi entreranno senza difficoltà, il polpo sarà cotto, in caso contrario dovrete proseguire la cottura aggiungendo un po’ d’acqua.

Con il sugo ottenuto condite i casulli.

Casulli al sugo con polpo

Baccalà e stoccafisso, non sono certo prodotti della pesca locale, il loro consumo era molto diffuso soprattutto nel periodo invernale, quando a causa del maltempo le barche dei pescatori rimanevano all’ormeggio. E mentre a terra gli uomini fremevano in attesa di riprendere la via del mare, le donne, per variare l’alimentazione ricorrevano al pesce conservato. Non si pensi però che questi siano prodotti di ripiego, anzi sono vere e proprie prelibatezze che spesso venivano servite durante la cena della Vigilia di Natale.

 

Baccalà in verde

Ingredienti

1 kg di baccalà
1 kg di patate
1 mazzetto di prezzemolo
2 spicchi d’aglio
3 cucchiai di olio extravergine d’oliva
un pizzico di peperoncino
olive verdi in salamoia

Preparazione

Dissalate il baccalà mettendolo a mollo per due giorni, cambiando l’acqua di frequente.
Eliminate la pelle e le lische.
Sbucciate le patate, lavatele e tagliatele a tocchetti, mettetele in un ampio tegame con l’olio extravergine d’oliva, il trito di aglio, prezzemolo e un pizzico di peperoncino.
Incoperchiate e cuocete per dieci minuti.
Aggiungete il baccalà e proseguite la cottura per 10 minuti.
Se necessario aggiustate di sale.
A fine cottura mettete le olive e un po’ di prezzemolo a crudo e servite.

La cucina di Vannisa

Baccalà in verde

La fügassa

Immancabile nelle cambuse delle barche da diporto.
Facile e versatile, può essere farcita con salumi e formaggi o affettati di tonno.
Accolta con piacere per le feste di compleanno da grandi e piccini.
Tonda o tagliata a tascélli, condita con un buon olio extravergine sarà perfetta anche nella sua semplicità.

Ingredienti

700 g di farina per pizze e focacce
400 g di acqua
1 bustina di lievito di birra disidratato
4 cucchiai di olio extravergine
1 cucchiaino di zucchero
sale

Preparazione

Nella ciotola della planetaria mettete tutti gli ingredienti e impastate utilizzando il gancio.
Trasferite l’impasto ottenuto in una ciotola oliata, coprite con pellicola trasparente e lasciate lievitare in forno con la luce accesa fino al raddoppio.
Stendete l’impasto su una teglia foderata con carta da forno.
Condite la superficie con un’emulsione di acqua e olio extravergine e cospargete con fiocchi di sale.
Cuocete in forno preriscaldato alla massima potenza per 15/ 20 minuti.

Consigli: potete usare mezza bustina di lievito, in questo caso i tempi di lievitazione si allungheranno.

 

La focaccia è il nostro street food per eccellenza, scandisce le giornate sull’isola: a colazione con una tazza di caffellatte, a metà mattina per placare il languorino, la sera durante le vasche in piazza!

Fügassa

Vannisa prepara la fügassa

Pé de pórcu

I dolci tipici della cucina tabarchina sono i canestrelli, ricoperti di glassa e decorati con confettini colorati, si gustano a fine pasto con un buon bicchiere di moscato.
Con lo stesso impasto si confezionano formati diversi in base alle festività religiose: a Natale le fantiñe, per la domenica delle Palme le lüñe, a Pasqua i cavagnétti e per la festività di Ognissanti i pé de pórcu, piccoli dolci che ricordano appunto la zampa del maiale.

Ingredienti

1kg di farina per dolci
4 uova
300 g di strutto
350 g di zucchero
la scorza di un limone bio
1 bustina di vanillina
2 bustine di lievito per dolci
½ cucchiaio di semi di finocchio

Per la glassa

1 albume
250/ 300 g di zucchero a velo
un pizzico di sale
qualche goccia di limone
confettini colorati

Preparazione:

disponete la farina a fontana. Mettete al centro le uova, lo zucchero, la vanillina, la scorza di limone grattugiata e i semi di finocchio. Mescolate con l’aiuto di una forchetta, inserendo ad ogni giro un po’ di farina e poi impastate con le mani. Aggiungete lo strutto, le bustine di lievito setacciate e continuate fino ad ottenere un impasto omogeneo, dal quale ricaverete dei filoncini piuttosto spessi.
Tagliate in obliquo il filoncino ricavatene tanti pezzetti, incidete su un lato e date al dolcetto la forma che ricorda il piede di maiale.
Cuocete a 180º in forno preriscaldato per 15 minuti.

Preparate la glassa:

montate leggermente l’albume a cui avrete aggiunto un pizzico di sale e qualche goccia di limone,
mescolando aggiungete lo zucchero a velo.
Con un pennello ricoprite i dolci con la glassa, decorate con confettini colorati e lasciate asciugare.

Ciambellone alla ricotta

La pentola a fornetto, tornata in auge in questi ultimi anni faceva la sua comparsa il sabato pomeriggio. La teglia arancione, con il fondo antiaderente, veniva chiusa ermeticamente da un coperchio di alluminio.
Dai fori, il profumo del ciambellone alla ricotta si spandeva per casa.
Il dolce veniva poi trasferito su un bel piatto di servizio. Potevo solo ammirarlo, non era concesso assaggiarlo. Era il dolce per il pranzo della domenica, dovevo pazientare.

Ingredienti

400g di ricotta di pecora
400g di farina per dolci
400g di zucchero
4 uova
1 bustina di lievito per dolci
1 limone
olio di semi per oliare lo stampo
2 o 3 cucchiai di zucchero

Procedimento

In una terrina montate le uova intere con lo zucchero.
Aggiungete sempre frullando la ricotta, la scorza di limone grattugiato e infine lievito e farina setacciati.
Oliate e infarinate uno stampo a ciambella, versatevi il composto, spolverizzate la superficie con lo zucchero semolato (2-3 cucchiai).
Cuocete in forno preriscaldato a 180° per 30 minuti.

Consigli: questa è la ricetta classica, potrete arricchirla con gocce di cioccolato oppure con uvetta e noci. Potete inoltre sostituire il limone con un’arancia, in questo caso utilizzate anche il succo del frutto.

Vannisa Biggio nel suo orto

Vannisa Biggio, nata a Cagliari da genitori carlofortini doc, ha vissuto a Carloforte fino al momento del suo matrimonio, quando per questioni lavorative ha dovuto lasciare lo “scoglio”.
Ora vive e insegna nell’hinterland cagliaritano e suo tempo libero si dedica al suo hobby preferito: la cucina.
Spinta dall’entusiasmo delle sue figlie ha aperto prima il profilo Instagram (@vannisabiggio) e successivamente il blog “Le ricette di Vannisa – ricette innovative, profumo di ricordi”.
È in pubblicazione il suo libro “Sapori e stagioni di Carloforte”.

 

Foto: Cédric Dasesson