di Luca Navarra

 

Sei arrivato sull’isola di San Pietro attratto dalle sue bellezze naturali, in effetti notevolissime, dalle prelibatezze gastronomiche, a partire dal tonno ma non solo, dalla stranezza di questa enclave ligure in Sardegna con secoli di una storia davvero unica; sei arrivato e scendi dal traghetto, porta d’accesso al paradiso. Un lungo mare fascinoso ed elegante, che hai già apprezzato all’ingresso del porto, una tripla fila di alberi che lo adorna, coloratissime facciate di palazzotti alla ligure (dunque era vero!) e, sorpresa, in tutte le stagioni persone in quantità. Non te l’aspettavi. L’isola è viva, il paese è sempre abitato e i Carlofortini (loro preferiscono definirsi Tabarchini, ci tengono, ma va bene lo stesso) li trovi in giro, per le strade, sul molo, lungo le strade di campagna, nelle tante case sparse verso le spiagge e le colline dell’interno. Ci sono luoghi più affollati e privilegiati per gli incontri, ovviamente, ma tutto dipende da una complessa alchimia composta da orario, stagione e clima, vento in particolare.

La piazza dei quattro alberi per esempio, risalendo dalla statua del Re senza un braccio sul lungomare (la prima persona che hai notato sceso dal traghetto) verso la chiesa (Carlo Emanuele III di Savoia detto il forte, l’uno, San Carlo l’altro, tanto per capirci) è il vero centro urbanistico e antropologico del paese, leggermente rientrato rispetto al lungomare, protetto dalle folle dei bar, dal traffico stradale, dalle acque a volte agitate del porto: eccoli dunque i residenti isolani, crocchi di anziani stanziali che rinnovano il loro appuntamento quotidiano, manciate di donne vocianti che si incrociano casualmente tra una commissione e l’altra, sciami di bambini urlanti. I turisti osservano indolenti e felici. Provano curiosi ad ascoltare questa chiacchera ma non riescono a cogliere il senso dei discorsi, a meno che non conoscano il genovese, altra sorpresa che conferma la precedente. Noterai una vitalità che non si lascia scalfire dagli sguardi e dalle fotografie degli osservatori, che anzi non sempre li gradisce ma comunque sempre li accoglie, una vita vera di una comunità che ne ha passate tante e di tutti i tipi (dall’emigrazione alla schiavitù alla colonizzazione, passando per le varie articolazioni del lavoro sul mare) e che dunque sopporta anche questa attuale contemporaneità turistica a volte giudicata invadente e troppo numerosa ma necessaria all’economia isolana. I Carlofortini non sono solo ovviamente fieri del loro paese e orgogliosi della propria identità, si piacciono proprio nella loro diversità e unicità etnica, godono sornioni di essere l’amalgama di genti, epoche e storie diverse, di aver attraversato il Mediterraneo dal’500 ad oggi in lungo e in largo ed essere ancora in sella, ben ridossati dal maestrale. È questa la chiave di lettura con la quale avvicinarli: non sei solamente arrivato in un gran bel luogo di villeggiatura, è importante esserne consapevoli!

 

 

Luca Navarra è nato a Roma nel 1962, ma è cresciuto e ha frequentato le scuole a Milano. Laureato in Pedagogia, ha successivamente conseguito un dottorato di ricerca in Metodologie della Ricerca Etno-Antropologica presso l’Università di Cagliari. È stato ricercatore e docente di Antropologia Culturale, occupandosi di teoria evoluzionistica sullo sviluppo delle società umane, rapporti tra archeologia e antropologia nell’ambito della civiltà nuragica, problematiche di razzismo e identità nella società multiculturale. Da alcuni anni vive prevalentemente a Carloforte, sull’isola di San Pietro e si dedica con passione a viaggiare e a scrivere narrativa.